Giotto, Maestà di Ognissanti, 1306-1310 Uffizi, Firenze (immagine dal web) |
Qualche giorno fa, sulla bacheca di un mio contatto di
facebook, qualcuno chiedeva a qualcun altro che cosa abbia ancora da dire
l’arte di un tempo alla nostra vita contemporanea. L’esempio era la Maestà di
Ognissanti di Giotto (1300 – 1310, conservata a Firenze, agli Uffizi).
Il tono dell’intervento era provocatorio-acchiappaattenzione
e probabilmente non dovrebbe essere preso sul serio. Ma l’esempio dell’opera di
Giotto è talmente calzante che non ho resistito e scrivo questo post.
Non più di qualche giorno fa, la vicenda di una madre
fuggita non sappiamo da quale dolore con il proprio bambino, che ha (forse!)
cercato con lui la morte, appare come la negazione più profonda e disperata di
tutto quello che invece leggiamo in quest’opera.
Ma partiamo da qui…
Qui il soggetto è sacro. Tutto si gioca intorno alla
dialettica tra corpo e spirito, spazio volumetrico abitabile e ineffabilità dei
contenuti, sostanza e solidità del corpo di contro alla sostanza e alla
solidità di tutt'altra natura dello spirito.
Al centro di tutto c’è la Madonna, con in braccio Gesù
Bambino. Intorno a loro una schiera di angeli, le cui ali hanno la consistenza
delle ali fisiche di grandi uccelli e colori variopinti di quelle delle
farfalle. Ali fisiche e forti come quelle di grandi uccelli migratori, ma del
colore delle fragili ali di farfalla… di nuovo una dialettica tra due tipi di
sostanze, di materie.
La luce è frontale, pulita, diretta. La rappresentazione
simmetrica che piacerebbe a Wes Anderson.
A differenza delle rappresentazioni più antiche, lo spazio
che dipinge Giotto non è uno spazio etereo, spirituale e astratto, ma uno
spazio reale, fatto di corpi, dimensioni, luci e ombre.
Insomma, i personaggi sono masse fisiche che stanno in uno spazio in
cui ci si può muovere. Là dentro ci si può venire incontro, come corpi che si
toccano. Spazio e corpi sono dotati di volume, sono plastici, reali. Sono corpi
veri, che si esprimono con abbracci, baci, espressione fisica e concreta di
vita e amore: vicinanza e contatto.
Per intenderci – ed ecco un altro punto che ci parla - l’esatto
opposto dell’estetica di Zoom.
Il rapporto tra la Madonna e il Bambino è infatti fisico e
concreto. Certo è spirituale, ma non solo. Perciò è l’apoteosi della vicinanza.
Il loro è un abbraccio che va ben oltre il mondo fisico, eppure non lo
trascende. Lungi dall'abbandonare la carne dietro di sé, se la porta dietro fino
a vette altissime, dall'umano al divino e reciprocamente.
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La Madonna di Ognissanti è del 1300. È l’epoca in cui Dante
scrive la Divina Commedia. Nel XXXIII del Paradiso, Dante invoca la Madonna con
versi divenuti celebri. Vergine, Madre, figlia del tuo figlio, termine fisso
d’etterno consiglio, dice. Una frase che è ossimoro via l’altro, un vero
mistero. Non sappiamo se Giotto le abbia lette (Dante, per la verità, parla di
Giotto nella Commedia…). Ma quelle parole sembrano riecheggiare nel dipinto.
E poi, soprattutto quelle: termine fisso d’etterno
consiglio… Ma che cosa vorrà dire? Ma l’eterno non è, per definizione, appunto,
ciò che non ha termine? Però qui c’è un punto, una contraddizione apparente,
una domanda aperta a cui, per fortuna, la donna ha risposto di sì. Un qualcosa
attorno a cui si poteva giocare tutta la storia del mondo. Termine fisso,
deciso dall'eternità. Eppure questa fissità non ha in sé nulla di rigido, anzi.
È qualcosa di vivo, plastico. È un sì che ha in sé pace, benevolenza, speranza.
Eh già… pace e una speranza. Parole che suonano dolci alle
nostre orecchie e ai nostri occhi feriti dalle notizie che ascoltiamo, e dalla
distanza che, in tempi di pandemia, siamo (saremmo?) costretti a tenere proprio
in virtù di quel sentimento di amore e di cura reciproca che solo ci può salvare.
Eppure gli occhi della donna dell’opera di Giotto sembrano
accarezzare tutto, e le sue braccia sono potenti e sembrano poter abbracciare
tutto… Persino quell'aspetto umano, di dolore disperato e incomprensibile di
cui si è detto all'inizio. Nella differenza tra corpo e spirito, ancora una
volta nella distanza, tra vicino e lontano, in quegli occhi e in quelle braccia,
forti, c’è tutto il senso dell’autentica compassione.
Per chi volesse approfondire, a questo link la visita in 3d alla sala degli Uffizi dove è esposta l'opera di Giotto, con Google Art