@Andrea C.B., Trittico pungente 2020 |
#Myfavouritethings
L’estate scorsa è nata Utopica. Utopica è una serie di
incontri online, durante i quali parliamo delle cose che ci stanno più a cuore:
come la speranza nel futuro migliore che vogliamo costruire; la creatività che
ci serve per trovare soluzioni innovative; la poesia che è indispensabile
perché tutto venga bene; il senso della vita e delle cose che facciamo e così via.
Nel corso degli incontri propongo, in un linguaggio semplice
e - almeno spero! - accattivante, argomenti di arte e filosofia. Spaziando
allegramente tra cultura alta e cultura pop, andiamo insieme alla ricerca di
tutti quei libri, quelle immagini, quelle storie e narrazioni che possono
fornire strumenti, spunti, idee su cui confrontarsi e stimoli per approfondire.
Il tutto in un contesto informale e vivace, in cui tutti i partecipanti si
divertono, si coinvolgono e appunto… partecipano!
Bene, nel corso di questi incontri, qualche tempo fa ho
proposto anche ai miei aficionados una piccola sfida.
Mi aveva colpito un episodio della vita di Marina Abramovic,
letto nella sua autobiografia Attraversare i muri (ed. Bompiani). Ai
suoi primissimi esordi, Abramovic partecipò ad una mostra con altri giovani
artisti. Una di quelle cose da comune anni settanta, per intenderci, che io trovo
sempre super affascinanti.
In questa mostra ogni artista era invitato a portare ed
esporre un oggetto per lei o lui significativo, che rappresentasse la sua
persona, la sua vita, che, insomma, parlasse della propria identità. Poteva
essere un oggetto d’uso, o qualcosa di più elaborato.
Per l’allora pittrice Abramovic questa esperienza fu un
piccolo punto di svolta. Anziché un quadro, Marina portò un’arachide – sì, una
nocciolina americana, tipo quelle di Super Pippo, per capirci - e, con un coup
de théâtre da genio in erba quale già era, la inchiodò al muro in modo che
proiettasse su di esso una piccola ombra sinuosa. Così posta, la nocciolina
ricordava le nuvole che lei allora amava dipingere nei suoi quadri.
Insomma, tra le miriadi di cose che il testo della Abramovic
suggerisce (quasi tutte molto più sostanziose di questa, a dire il vero… ma
tant’è!), l’idea degli oggetti significativi ha incominciato a lavorare nella
mia testa. Mi è venuta anche in mente quella canzone, standard jazz famosissimo, che fu magistralmente
interpretata da Julie Andrews in un noto film e meravigliosamente suonata
da John Coltrane: My favorite things…
Per farla breve, com’è, come non è, ho proposto a chi
seguiva i miei incontri di fare un piccolo esperimento che ora intitolo #myfavoritethings
Anziché portare un oggetto, chi voleva partecipare doveva
fotografarlo e spedirmi l’immagine, che in un secondo momento avremmo
commentato tutti insieme.
Devo dire che sono stati tutti super in gamba! La creatività
non è certo mancata, così come la voglia di mettersi in gioco e di inventare.
Ed ecco qui la selezione delle immagini che gli “Utopici”
hanno prodotto!
La foto che ha colpito di più un po’ tutti i partecipanti, è
stata una delle immagini proposte da Fiorella.
@Fiorella R., Ritornerò 2020 |
L’oggetto significativo qui è un paio di scarpe da ballo.
Sono poste in maniera studiatamente distratta e ci sembrano buttate lì, un po’ come
quando torni a casa stanca e felice per aver troppo ballato e le abbandoni in
un angolo, magari scalzandole con un gesto di un piede sull’altro, senza usare
le mani. Ma c’è il virus, però, di questi tempi, e niente ballo, almeno per
ora. E infatti le scarpe sono nuove, si vede che non ci ha ancora ballato
nessuno. Se ne stanno lì, tranquille, aspettano che arrivi qualcuno che le
indossi e le trascini dentro una musica. Chissà se pensano ai loro balli mai
ballati per via del lockdown, oppure soltanto aspettano i giorni e le danze che
verranno, mentre intrecciano pigramente, l’una contro l’altra tacchi fibbie e lustrini.
@Claudia C., 2020 |
Claudia ha invece deciso di abbinare i propri oggetti significativi a brevi stralci di poesie da lei particolarmente amate. In una fotografia, c’è un paio di orecchini: sono lunghi, non esageratamente vistosi, ma pieni di fiori. Fiori tenui, ma colorati. Gli orecchini sono appesi con cura a un nastro verde, che richiama la decorazione anch’essa fiorita sullo sfondo. E anche loro, come le scarpe di Fiorella, paiono in attesa di essere indossati. Dietro di loro, la poesia racconta di anime notturne che custodiscono gemme preziose, e lasciano brillare la loro luce all’improvviso, quando meno te lo aspetti. Quegli orecchini, un po’ saggi e un po’ sbarazzini, si accordano a quell’armonia di forme e di colori.
Per Andrea l’oggetto significativo è invece un tris di
piantine grasse, ritratte sinteticamente su un fondo azzurro/grigio, con un
effetto molto plastico che ricorda le riviste patinate di design. Qui la fotografia
è racconto: una piantina cresce, una rimane, un’altra non ce la fa. Al posto di
questa nasce però un bel fiore: vivace e carnoso, come i fiori che non guardano
il calendario, ma fioriscono ogni volta che possono. È bello che la scelta di
Andrea sia stata una piantina, che in realtà non è una cosa da usare, ma è viva
e può sbocciare in fiori ancora tutti da inventare. La narrazione che si
snocciola tra piante e immagini avviene così, ritmicamente. Messe lì, tutte di
fila, queste piantine mi ricordano le note su una partitura musicale. L'immagine è quella che ho usato per la copertina del pezzo e la trovate sù.
@Christian B., 2020 |
Christian ha invece proposto un’immagine che stimola l’intelligenza, e la qual cosa da queste parti è molto apprezzata! È come se qui il fotografo avesse deciso di fare un passo indietro, per guardare non tanto gli oggetti, quanto il modo in cui li osserviamo. O, meglio ancora, è andato a cercare l’oggetto nascosto, quello invisibile, ma sempre presente, o quasi, almeno nelle foto. Quello che c’è, ma non si vede.
Avete già capito? Ma certo, l’oggetto di cui stiamo parlando
è il filtro, quello per le macchine fotografiche. Christian ne ha fotografato
una scelta di vari colori, posti a ventaglio, come fossero i pezzi che compongono
un giocattolo. Il filtro: ecco qui l’oggetto che guarda gli altri, che si mette
in mezzo tra gli oggetti e gli occhi, restando, lui, almeno apparentemente, non
visto. Ma qui ecco che il filtro è ripreso così, e appare svelato. La fotografia,
però, è rigorosamente no-filter. Che dire? Ce ci n’est pas un filtro!
@Fiorenza DV., L'impegno 2020 |
Last but not least, Fiorenza ha proposto due immagini da guardare insieme: una rappresenta un quadro, il quale a sua volta mostra il disegno di una foca scodinzolante dall’aria allegra, mezza nell’acqua e mezza no. L’altra foto mostra invece una piccola biblioteca da casa delle bambole, con libri e oggetti formato mignon posti con grazia e attenzione su una minuscola scansia. In basso, c’è anche il posto per una micro-macchina da scrivere old style, e un piccolo mazzolino di fiori! Fiorenza è una giornalista e in questi oggetti ha voluto raccontare il suo amore per il mondo dei libri e della scrittura, ma anche la sua natura gioviale, di persona che apprezza la vita e la compagnia.
Che dire? Sono contenta dei risultati del nostro piccolo
contest sugli oggetti significativi. Le immagini che ho scelto sono belle, ben
fatte e sincere e non posso che ringraziare di cuore chi ha partecipato. Grazie
perciò (in ordine sparso!) a Fiorella, Claudia, Andrea, Christian e Fiorenza
per aver condivise con me e con il gruppo il loro piccolo lavoro costruito con
grazia, cura e impegno.
E voi che ne pensate? Vi piace il progetto?
Chi volesse unirsi al gruppo e partecipare, sia agli
incontri, sia raccontando qualcosa di sé con un’immagine, può postare su
instagram una foto del suo o dei suoi “oggetti significativi” con l’hashtag #myfavoritethings
Per gli incontri (a partecipazione gratuita!) scrivete per
informazioni a filosofiapopworkshop@gmail.com
Vi aspetto!
...i miei fogli di recupero! |
Ps.
Ah, dimenticavo! Alla fine anch’io ho proposto una piccola
immagine... In realtà si vedono solo tanti tanti fogliettini impilati
l’uno sull’altro. Sono fogli da recupero, quelli che uso sempre, dove prendo
appunti a penna – rigorosamente a penna! - mentre leggo, studio e faccio
progetti. Senza prendere appunti (e a penna!) non riuscirei a fare quasi nulla…!
😉